Ho un ricordo vivissimo, di quando da bambina mi piaceva rintanarmi nel laboratorio di mio padre.
Era un luogo accogliente, caldo e il profumo di legno e di resina ti avvolgeva completamente.
Cosa ti piaceva del suo laboratorio?
Mi piaceva soprattutto osservare il suo lavoro, vedere come lo scalpello forgiava la materia. Mio padre è sempre stato scultore. Disegnava lui stesso i propri modelli e produceva figure in legno anche per altri che poi le vendevano.
Creava soprattutto scacchiere, re, regina, alfieri, torri, cavalli, fanti per il gioco degli scacchi. Era un bel guardare, e anche un sentire: il rumore di uno scalpello nel legno, i trucioli che cadono, la pace e la concentrazione. Per me quella era casa.
Quindi è stato naturale per te seguire le orme della famiglia?
È proprio così. Non ho mai avuto dubbi. Mi piaceva l’idea di fare qualcosa che fosse legato alla creatività, ma che avesse anche qualcosa di molto solido.
Tra il mestiere da imparare, perché è un mestiere con le sue regole, e una tradizione da nutrire, sentivo che era la mia strada. Poi pensavo che mi avrebbe anche aiutato a conciliare bene la mia vita familiare. Quando mi sono sposata e sono arrivate le mie figlie, avere un laboratorio in casa è stato per me rassicurante.
Come è il tuo laboratorio?
Beh, per verità io lavoro soprattutto nella Stube, che è la stanza classica delle case in Alto Adige. E tutta di legno, e tradizionalmente, era proprio la stanza in cui tutti si radunavano, uomini, donne, bambini e nonni.
Oggi le famiglie non sono più allargate, ma in ogni caso quella è la stanza in cui su sta insieme, spesso, proprio lavorando.
Come si diventa scultrici o pittrici del legno?
È una professione tutelata, nel senso che c’è un percorso scolastico. In Val Gardena abbiamo la Scuola d’Arte, cioè una scuola professionale e che oggi ha al suo interno anche un percorso liceale.
Questa scuola svolge un ruolo molto importante per tutta la valle. È stata fondata alla fine del 1800 e ha consentito un rapido sviluppo dell’antica tradizione anche in senso commerciale. Allora si facevano soprattutto altari, oggi si parte dalla tradizione con un percorso più articolato. Si possono scegliere due diversi percorsi, quello della scultura del legno e quello decorazione pittorica, che io ho scelto, seguendo le tracce di mia madre.
E una volta finita, hai subito iniziato?
Si e no, ho iniziato a lavorare, ma come apprendista. La scuola ti insegna le basi, ma poi devi fare pratica. All’inizio io mi sentivo insicura e mi sembrava tutto molto difficile, ma proprio fare apprendistato mi ha fatto via via acquisire esperienza e maestria. Avevo 16 anni, ero una ragazzina che imparava un mestiere e insieme a me c’erano altre 25 ragazze. Mentre imparavo sul campo ho anche frequentato la scuola serale per ottenere poi, dopo tre anni, il diploma.
HAI SUBITO AVVIATO LA TUA IMPRESA?
No, per i primi anni ho lavorato per alcune piccole imprese della valle e pitturavo le figure in legno per loro. Quando mi sono sposata ho deciso di mettermi in proprio. Avevo 22 anni. Ho preso a mia volta delle ragazze apprendiste, che mi aiutavano e alle quale potevo io stessa insegnare il mestiere.
Poi hai deciso, adesso però sono pronta per …
Si, c’è stato un momento in cui ho proprio pensato che volevo metterci più del mio. Che potevo anche essere più autonoma e così ho iniziato a disegnare i miei modelli e non solo a decorare le figure di altri.
Oggi vendo quasi solo figure e forme disegnate da me. Questa è una bella soddisfazione, soprattutto quando vedo le persone felici di portarsi a casa una delle mie creazioni.
Insomma, un lungo viaggio…
Ma è un viaggio bellissimo! Cresci in una valle che ha una forte tradizione, hai la possibilità di impararne la tecnica a scuola e grazie a una rete straordinaria di apprendistato. Hai anche la possibilità di esercitare la professione a casa, non devi andare altrove. Puoi nutrire la tua terra, quella che in tedesco si chiama, la tua heimat, portando avanti una tradizione condivisa…
E sai quale è la cosa bella davvero per me?
QUALE?
Quando vedo i miei clienti felici, quando sento che si portano a casa qualcosa di mio che diventerà parte della loro vita. Questa cosa mi stimola a fare ancora e ancora, perché diffondere una tradizione così importante anche altrove è una grande gioia.